sabato 29 dicembre 2012

Torta di mele

Benedetti amici. 

Che quando è venerdì sera ed esci tardi dall'ufficio, fanno sempre in tempo ad apparecchiare la tavola, e a risollevarti l'umore.
Che magari non riesci a vederli per mesi, ma che non passa un giorno in cui non si facciano sentire.
Che i bambini, a vederli crescere insieme, è tutta un'altra storia.
Che c'è sempre un buon motivo per aprire una bottiglia di vino.
Che ti restituiscono il respiro, e ti regalano qualche chilo di gioia.
Che aumentano di numero, e moltiplicano l'amore.
Che sono il rumore della tua vita, anzi no, sono la musica.
Benedetti amici.



2 uova
150 g zucchero
4 cucchiai olio di semi
200 g panna
200 g farina
1 bustina di lievito
2 mele Granny Smith
cannella q.b.
qualche fiocco di burro
zucchero di canna q.b.

Montare le uova con lo zucchero, aggiungere l'olio, la panna e la farina setacciata col lievito.
Versare in uno stampo imburrato e infarinato, disporre sopra le mele e spolverare  con zucchero di canna, cannella e qualche fiocco di burro.
Infornare a 180° per 50 minuti.
Mangiare ascoltando musica buona.

domenica 23 dicembre 2012

Mousse al caramello, sale Maldon e cardamomo

Silenzio, è quasi Natale. 

È ora di uscire dagli armadi sfere di vetro e nastri luccicanti. 

Di appendere alla porta di casa verdi ghirlande di benvenuto. 

Di infiocchettare, lustrare e tirare a lucido qualunque cosa ci capiti a portata di mano. 

Come se la vita venisse improvvisamente esposta dietro i limpidi vetri di una gigantesca vetrina, e non ci fosse più posto per le nostre quotidiane opacità. 
O come se ci ritrovassimo illuminati da un potentissimo occhio di bue, e perdessimo da un momento all'altro la possibilità di rifugiarci nei rassicuranti coni d'ombra del nostro routinario palcoscenico. 

Ma Natale non è fatto di luminarie e carillon, o almeno, non solo di quelli. Natale è la festa della famiglia, qualunque cosa questo significhi. 
Abbracciate i vostri libri, e accarezzate il vostro cane. 
Dormite insieme ai vostri figli, fateli addormentare intrecciando le dita ai loro capelli, e chissenefrega dei saggi consigli della rigida tata anglosassone.
Portate i nonni a guardare il mare, se avete la fortuna di averli ancora, e ascoltate le loro storie anche se le conoscete già, perché Dio solo sa quanto vi mancheranno. 
Dite al vostro amore che l'amate. Diteglielo ad alta voce, e poi ripeteteglielo ancora, per accertarvi che l'abbia capito bene. 
Perché niente è più stupido di un sentimento silenzioso. 
Andate a correre la mattina presto e a dormire la sera tardi. 
Fate molto l'amore, ma solo con chi vi fa tremare le ginocchia, e poco la dieta. 

Siate spudoratamente felici. 
È Natale, è la vostra vita, e merita senz'altro di essere festeggiata.


Per la mousse al caramello, fior di sale e cardamomo (da una ricetta di Paco Torreblanca):
375 g zucchero
450 g panna fresca liquida
120 g tuorli d'uovo
12 g gelatina in fogli
525 g panna fresca montata
qualche capsula di cardamomo
qualche cristallo di sale Maldon

Per la glassa:
150 g panna fresca
75 g cacao
225 g zucchero
175 g acqua
8 g gelatina

Per la mousse al caramello. Unire le capsule di cardamomo alla panna liquida e lasciare in infusione per qualche ora. Preparare il caramello con lo zucchero e un po' d'acqua, riscaldare la panna fino quasi a bollore e aggiungerla al caramello. Fare reidratare la gelatina in acqua fredda. Sbattere appena i tuorli, incorporare il caramello e la panna e portare sul fuoco fino a raggiungere una temperatura di 82°. Aggiungere il sale Maldon, la gelatina reidratata e filtrare. Fare abbassare la temperatura fino a 35° circa, mescolando di tanto in tanto con una frusta, poi unire alla panna con movimenti decisi e delicati. Versare nei bicchieri e fare freddare in frigorifero.

Per la glassa. In un pentolino versare la panna, il cacao, lo zucchero e l'acqua e fare spiccare il bollore, poi allontanare dal fuoco. Reidratare la gelatina e unirla al composto. Fare freddare la glassa e versarla sulla mousse al caramello. 

Decorare con caramelle mou e cristalli di sale Maldon.

sabato 22 dicembre 2012

Intervista a Maurizio Santin

Formatosi alla corte dei migliori pasticceri del mondo e già pasticcere dell’anno, Maurizio Santin gira il modo come consulente dolciario, tiene corsi, scrive libri e da quasi dieci anni, con i suoi programmi su Gambero Rosso Channel, è star indiscussa del palinsesto culinario in tv.

Un uomo felice, questo è Maurizio Santin, a dispetto del colore del suo grembiule e del carattere notoriamente “spigoloso”. Un uomo felice, e innamorato. Della vita, innanzitutto, ma anche del suo lavoro, degli amici e della futura sposa. Lo chef a Palermo è a palazzo Branciforte, l’edificio cinquecentesco acquistato dalla Fondazione Sicilia e restaurato  dal genio appena scomparso di Gae Aulenti, che ospita al primo terra la Città del Gusto del Gambero Rosso, dove ha tenuto un goloso corso di pasticceria.  

Lei è il figlio di Ezio Santin, colui che insieme a Gualtiero Marchesi negli anni settanta ha rivoluzionato la cucina italiana. Ha mai avuto altra scelta, oltre a quella di cucinare?
Onestamente, posso dire di sì. Finiti gli studi, i miei genitori mi hanno lasciato libero di scegliere cosa fare. Ho scelto di lavorare in cucina, e non me ne sono mai pentito.

Avrebbe potuto restare al ristorante di suo padre, l’Antica Osteria del Ponte (tre stelle Michelin) invece ha fatto una lunga gavetta. È stata la modestia a farla andare via, o il desiderio di costruirsi un’identità personale?
La scelta veramente difficile per me era quella di rimanere lì. Negli anni in cui ho lavorato con mio padre mi sono accorto di saper fare il cuoco, ma di essere un pasticcere. Da quella decisione poi è nata la mia fortuna: tenevo già dei corsi di pasticceria alla Città del Gusto, e Stefano Bonilli (allora direttore) e Luigi Salerno (ancora oggi D. G. del Gambero Rosso, ndr), mi hanno affidato la direzione tecnica della Città. Tre anni dopo mi hanno proposto di andare in tv, e il mio programma, “Dolcemente”, va in onda sul canale 411 di Sky da otto anni ormai.

Quando ha scoperto di avere le potenzialità dell’uomo di spettacolo?
Io non sono un uomo di spettacolo, ma un pasticcere. Un professionista che è arrivato alla tv da professionista: quando ho cominciato a fare tv ero stato già eletto pasticcere dell’anno, avevo scritto un libro e tenevo dei corsi professionali. E poi i miei programmi sono estremamente semplici: arrivo, faccio una ricetta e vado via. Non c’è niente di spettacolare, e così sarà sempre.

La sua formazione è impressionante: Lenôtre, Ducasse, Blanc, Robuchon. Ha lavorato con i più grandi del mondo. Chi considera un maestro nella sua vita?
Qualcuno meno noto, per così dire. Christian Cottard, sopra tutti gli altri. Era il mio riferimento quando lavoravo da Alain Ducasse, e ha stravolto il mio modo di ragionare. Per primo ha capito che ero un pasticcere, mi ha affidato la responsabilità di una parte della pasticceria dell’Hôtel de Paris, a Montecarlo.
Andrea Andreini, primo regista del Gambero Rosso Channel. Oggi registro cinque o sei puntate del programma al giorno, ma quando ho cominciato a fare televisione mi ha fatto ripetere per più di un mese la stessa puntata. Lo considero ancora il mio mentore.
Poi, mentre ero consulente dolciario della Nestlè , Peter Heilbron, allora direttore marketing di Perugina e Battista Vanini, che mi hanno insegnato la logica e la tecnica necessarie per lavorare in una grande azienda.
L’ultimo, Frédéric Bau, che lavorando da Valhrona ha sviluppato una metodologia di pasticceria tale da semplificare il nostro lavoro, e produrre il miglior cioccolato del mondo.

Quanto conta per lei la generosità in cucina?
È fondamentale: faccio corsi, scrivo libri e vado in televisione. Se non fossi generoso e onesto, non avrei nessuna credibilità.

Dopo aver assaggiato e cucinato di tutto, qual è il suo dolce preferito?
Il tiramisù, e lo preparo ancora con la ricetta della crema che usava mia nonna.

Perché è nero il colore della sua divisa?
Per Robuchon, e Dart Fener.

Come ha detto, scusi?
Vedevo Joel Robuchon che portava sempre una giacca nera, così mi sono ripromesso che ne avrei indossata una uguale il giorno che avrei fatto qualcosa di veramente importante. Quel giorno è arrivato nel 1998, quando sono stato nominato pasticcere dell’anno.
Dart Fener invece lo cito per ridere, ma non troppo, perché rappresenta la storia di un cambiamento, e incarna bene la dualità che mi contraddistingue: sono preciso, duro, e poco simpatico nel mio lavoro, ma gentile, accondiscendente e sempre sorridente lontano dalla cucina.

Il successo di uno chef in televisione dipende spesso dal pubblico femminile. Le donne amano la sua cucina, il suo carattere ruvido e il modo in cui potrebbe strapazzarle. Avrebbe mai pensato di diventare un sex symbol?
Diciamo che è stata una scoperta recente. Dopo la fine del mio  primo matrimonio, mi sono accorto di essere “cercato” dalle donne e ho passato un paio d’anni “vivaci”. Poi ho incontrato la mia bellissima moglie, e ho messo la testa a posto. 

Palermo è pazza di lei. Il suo corso di pasticceria ha fatto il sold out dopo solo tre ore dal momento in cui è stato possibile acquistarlo in rete. Che rapporto ha con la Sicilia e i siciliani?
Ne sono profondamente innamorato. Io sono un milanese doc, e credo di essere immune alla depressione. Ma se mi capitasse di non sentirmi bene o di essere triste verrei qua: la gente sorride sempre ed è bello ovunque. La eleggo volentieri a mia seconda patria.

Qual è il suo sogno?
Una pasticceria sulla Madison, a New York, perché quella è la città più bella del mondo.

Si avvicinano le feste, cosa mette in tavola per rendere più dolce il nostro Natale?
Sono un milanese, e se non mangio il panettone vado dritto all’inferno. Oltre a quello… un dolce della tradizione, ma rivisitato in chiave moderna, un tiramisù destrutturato e servito al bicchiere, fatto di un cremoso al cioccolato, un biscotto savoiardo inzuppato nel caffè, e uno sbuffo della crema al mascarpone più buona che c’è: quella preparata con la ricetta della mia nonna.

lunedì 10 dicembre 2012

Pan di Spagna

Ci sono occasioni nella vita in cui serve a poco parlare.
Ragionare e discettare diventano meri esercizi di stile, gabbie vuote che non ha senso vestire.
Sono attimi di meraviglia che non necessitano di colonna sonora.

Uno sguardo perfetto e l'illogica certezza di trovare casa in sentimenti lontani.
Mani che si muovono maestre a insegnarti la forma della vita.
Ginocchia che corrono alte, quando ogni pensiero è un ricordo sopito.

Questi istanti vanno celebrati con l'unica religione che conosco davvero: quella del silenzio.
Perché a volte le parole sono un vezzo.
I fonemi sono monili superflui.
E i suoni un lusso sprecato.

Mesdames et messieurs... sua maestà il pan di Spagna.
Imperatore della pasticceria, signore delle torte, re delle meraviglie.



600 g uova intere a temperatura ambiente
435 g zucchero
375 g farina
125 g fecola di patate
la scorza grattugiata di 2 limoni biologici

Montare molto bene le uova con lo zucchero e le scorze dei limoni grattugiate fino a renderle bianche e spumose. 
Setacciare insieme le polveri e incorporarle alla montata con una spatola, con movimenti delicati ma decisi dal basso verso l'alto, avendo cura di non smontare il composto. 
Infornare a 180° per 20-25 minuti, a seconda della dimensione della teglia. 

Utilizzare con il rispetto dovuto a sua maestà.

lunedì 3 dicembre 2012

Soufflé glacé al mandarino

Nudo è il mio respiro, qualche volta.

Quando il mio amore mi toglie il fiato, e lo sa fare così bene.
Quando digito forsennatamente alla ricerca di parole rotonde che tardano ad arrivare.
Quando il cielo è azzurro per merito nostro.
Quando i pensieri vanno veloci, insieme a tutto il resto.
Quando il soufflé è così bello che vorresti abbracciarlo, e ringraziare.
Quando il bisogno non fa più paura, ma diventa una docile resa.
Quando la resa non è più una sconfitta.

Quando mi fermo, chiudo gli occhi e, finalmente, respiro.



Per il semifreddo:
3 uova 
250 ml panna fresca
150 g zucchero
4 g gelatina
2 mandarini
1/2 bicchierino di liquore al mandarino

Per la copertura:
4 mandarini
90 g zucchero
100 g acqua

Fare reidratare la gelatina in acqua fredda. Montare i tuorli con 100 gr di zucchero. Spremere i mandarini e riscaldare una piccola parte del succo per sciogliervi la gelatina. Montare separatamente la panna e gli albumi con lo zucchero rimasto. Unire il succo restante e il liquore ai tuorli, incorporare la meringa e per ultima la panna montata. Versare in cocottine monoporzione con i bordi rivestiti di acetato e fare freddare in freezer.

Tagliare i mandarini in fette sottili, privarle dei semi e cuocerle a fuoco moderato con l'acqua e lo zucchero finché non diventano trasparenti. Asciugarle bene e poggiarne una fetta sopra ogni cocottina dopo aver rimosso la banda di acetato.

Mangiare vestiti di tutto, tranne che del respiro.

giovedì 29 novembre 2012

Treccine alla ricotta

Se, dando retta ai Maya, mancano poco più di tre settimane alle fine del mondo... sono in ritardo per moltissime cose:

1. rispondere come si conviene al capo che durante una riunione importante mostra pubblico apprezzamento per il mio derrière... ops... questo l'ho già fatto, e poi ho dovuto cambiare lavoro;

2. annunciare al capo magno cum gaudio l'arrivo di una nuova creatura, solo per vedere la faccia che fa. Ops... anche questo l'ho già fatto, quando ero incinta davvero, il capo era un altro, ma il lavoro è andato a farsi benedire allo stesso modo. Forse è meglio cambiare argomento, ché se mancano tre settimane alla fine del mondo... poco me ne cale di lavorare;

3. fare un bagno a mare, oggi, in costume adamitico, con la laringite, la tosse e tutto il resto... e se anche mi venisse una broncopolmonite... niente aerosol e... chissenefrega;

4. mangiare una quantità indecente di ciambelle fritte, e non fare niente, ma  proprio niente per smaltirle;

5. andare a correre, solo perché mi va, senza pensare alle ciambelle;

6. dirgli che l'amo;

7. fare un comunicato a reti unificate, come quello del Presidente della Repubblica la sera del 31 dicembre, e chiedere alla nazione un favore di carattere personale: quello di segnare l'accento sul e l'apostrofo di troncamento quando si scrive un po'. E già che ci siamo... rivolgermi ai massimi vertici mondiali in fatto di tecnologia per eliminare gli smile dall'opzione grafica di pc e telefonini;

8. confessare al mio cane che è una tra le persone migliori che io abbia mai conosciuto;

9. rileggere Se una notte d'inverno un viaggiatore e La montagna incantata, ché ne vale sempre la pena;

10. guardare mia figlia negli occhi, e pensare che se anche fosse servita a passare soltanto un giorno con lei... questa vita è stata senza dubbio un regalo meraviglioso.


Da una ricetta di Luca Montersino:
170 g farina
125 g zucchero
190 g ricotta
4 g baking
2,5 g sale
la scorza grattugiata di 1/2 limone
1 uovo per spennellare
zucchero per terminare

Amalgamare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. Modellare delle palline da 60 gr ciascuna, formare dei piccoli filoni e poi delle treccine. 
Disporle su una leccarda rivestita con carta da forno, spennellare con l'uovo appena sbattuto e cospargere di zucchero. Infornare a 150° fino a colorazione.

lunedì 26 novembre 2012

Tartufi al pistacchio

Sembra la fine del mondo, ogni anno, a novembre. 


La fine del mio mondo.
Quello fatto di capelli raccolti sulla nuca e ginocchia nude a sferzare il vento, di costumi neri e occhiali a specchio, di sole negli occhi e speranze nel cuore.

Poi però mi ricordo che novembre ha un buon odore.
Sa di bimbe dagli occhi belli e di torta di mele a colazione.
Di lunghe notti davanti al pc, ché lavorare a quello che ami non stanca mai, e di corse al parco la mattina presto, quando il male dorme ancora e tutto sembra tecnicamente possibile.

Sa del pane più buono, impastato con la zucca e fatto lievitare per ore coperto da un torcione di cotone bianco.
Della prima, della seconda e della terza pioggia dall'inizio della scuola. 
Della sciarpa che non ti fa smettere i brividi, ma ti scalda i ricordi.

Sembrava la fine del mio mondo, ma non lo è più.
È il mese dei destini migliori, e non può che essere meraviglioso.
È un nuovo equilibrio, un nuovo mondo, una nuova vita.



150 gr pistacchi sgusciati, tostati e finemente tritati
150 gr cioccolato bianco
75 gr cioccolato fondente
75 gr panna fresca

Tritare insieme i due tipi di cioccolato e versarvi sopra la panna bollente. Mescolare delicatamente finché il cioccolato non sia perfettamente fuso, e porre in frigorifero a raffreddare per un paio d'ore. Appena il composto risulta lavorabile con le mani, formare delle palline di circa due cm e mezzo di diametro e passarle nei pistacchi tritati. Fare riposare ancora un'ora in frigorifero prima di consumare. 

Mangiare in punta di piedi, alla ricerca di un nuovo equilibrio.

lunedì 19 novembre 2012

Tiramisù old style

A vent'anni era tutto molto diverso da adesso.

Il mio cane era nato da poco, e non conosceva mani che non fossero le mie.
Passavo le giornate sui libri, credendo che questo avrebbe cambiato il mondo.
Cominciavo appena ad abituarmi all'idea che la mia amica di sempre non facesse più parte del mio quotidiano, ma che non sarebbe comunque mai uscita dalla mia vita.
Viaggiavo sempre, e partivo senza chiedere permesso.
Dormivo lunghe e beate notti di sonno, in un letto enorme.
Avevo una sola religione: quella del silenzio.
Andavo a letto truccata, e mi svegliavo uno schianto.

Oggi di anni ne ho trentadue.
Il mio cane ci sente poco, ha bisogno di uscire spesso, ma mi guarda con occhi sempre più innamorati.
Il mio tempo è ancora scandito dai libri, e anche se credo che negli anni abbiano cambiato soltanto me, ne è comunque valsa la pena.
La mia amica è un miracolo che si rinnova ogni giorno.
Se mi allontano un paio d'ore ho bisogno di un'organizzazione capillare che neanche la NASA ne ha una uguale.
Dormo poco, e male, in un letto sovraffollato e chiacchierino.
Ho imparato a comunicare, a volte, se sono di buon umore, e ascolto musica buona, se qualcuno me la insegna.
Mi strucco prima di andare a letto, in un lento rituale di noia, e mi sveglio con i capelli in disordine, e gli occhi sempre gonfi.

Ma oggi c'è mia figlia accanto a me, e sono felice.


Per il biscotto savoiardo, da una ricetta di Maurizio Santin:
90 g farina
150 g albumi
125 g tuorli
125 g zucchero
38 g fecola
zucchero a velo o semolato q.b.

Per la crema al mascarpone di mia nonna:
5 tuorli
5 albumi
5 cucchiai di zucchero

500 g mascarpone

Per i savoiardi. Montare i tuorli con 2/3 dello zucchero e gli albumi a parte, con lo zucchero restante. Mescolare la farina e la fecola, setacciarle e incorporarle ai tuorli montati, avendo cura di non sgonfiare il composto. Unire delicatamente la meringa. Versare in una leccarda foderata con carta da forno, spolverizzare con zucchero a velo o semolato e cuocere a 180° fino a colorazione.

Per la crema al mascarpone di mia nonna. Montare i tuorli con lo zucchero fino a renderli bianchi e spumosi, aggiungere il mascarpone lavorato un po' con la spatola, per renderlo più morbido. Per ultimi unire delicatamente gli albumi montati a neve.

Caffè
Caffè solubile q.b. (anche questa è del cuoco nero, non della nonna)

Coppare il savoiardo e ricavarne dei biscottini. Inzupparli leggermente nel caffè e disporli sul fondo del bicchiere, coprirli di crema al mascarpone ed eventualmente ripetere l'operazione per ottenere un secondo strato. Terminare con una spolverata di caffè solubile.

Mangiare con la spensieratezza dei vent'anni, e con la gioia dei trenta.

domenica 4 novembre 2012

Budini di riso toscani

I lunghi weekend delle feste, quelli che passi lontano da casa a lavoraresembrano inventati per farti sopraffare dalla malinconia.

Ti tornano in mente storie, posti e volti che credevi sopiti.
Odori silenziosi e voci colorate, in slow motion, per appesantirti l'anima.

Il profumo del Pan co' Santi, dalla città benedetta e maledetta insieme.
L'erba cipollina appena tagliata, sopra una ciotola di letterine in brodo, quando la cena in albergo era già liberazione, era già quasi casa, era già quasi vita.
La vestaglia di mia madre, dove sorgerà e tramonterà il sole per sempre.
Le mani ossute del nonno, fredde e rosse come sarebbero diventate a breve le mie, a insegnarmi il valzer elegante delle pagine che si separano adagio, per poi ritrovarsi in fretta.

Semplice e complessa insieme.
Così è la logica della vita, degli amori e dei ricordi.
Folle e irresponsabile.
O soltanto, terribilmente illogica.



Per la pasta frolla, questa qui.

Per il ripieno:
600 g latte
100 g riso originario
60 g zucchero
1/2 stecca di vaniglia
scorza di un'arancia biologica
2 albumi e 1 tuorlo
un pizzico di sale

Sciacquare il riso sotto l'acqua corrente. Portare a bollore il latte con la vaniglia e la scorza d'arancia e versarvi il riso a pioggia. Portare il riso a cottura mescolando spesso e allontanare dal fuoco. Quando il riso si sarà intiepidito, eliminare la vaniglia e la scorza d'arancia, poi aggiungere il sale, lo zucchero e le uova.

Foderare con la pasta frolla degli stampini ovali e cuocere in bianco a 180° per 15 minuti. Poi riempire i cestini precotti col composto di riso e infornare a 170° per 30 min circa.

Spolverare di zucchero a velo e mangiare senza ricordi.

domenica 28 ottobre 2012

Mousse al cioccolato fondente e nocciole pralinate

Un rifugio è quello che vorrei.

Per ragionare sul poco che manca.
Per compiacermi del molto che ho.
Per trovare le parole che sono in attesa.

Un piccolo posto dove stare molto stretta, ché queste gambe non sono sempre comode da portare in giro, ma comunque va bene così.

Dove la luce sia schermata da montature leggere su occhi che vorrebbero imparare ad esserlo.
Dove il tempo abbia un tempo che sia un buon tempo.
Dove il bianco sappia colorarsi delle prime spudorate fioriture, quando non è ancora primavera, ma i germogli più belli non possono aspettare.

Un piccolo rifugio in cui trovare grandi spazi.
Quelli posizionati fra parole incredibilmente esatte.
Quelli che restano da raccontare la sera, quando cinque piccole dita chiedono la loro finestra sul mondo a venire.
Quelli delle pagine a cui, in fondo, non ho nessuna voglia di rinunciare.


Per lo sciroppo di zucchero:
100 g acqua
155 g zucchero

Per la mousse:
85 g sciroppo di zucchero
55 g tuorli
200 g cioccolato fondente
350 g panna fresca

Per lo sciroppo di zucchero. In 
un pentolino riunire acqua e zucchero e farli bollire insieme per un paio di minuti. Fare intiepidire lo sciroppo prima di utilizzarlo.Cuocere i tuorli a 80° per 10 minuti senza mai smettere di mescolare dolcemente. Allontanare dal fuoco e unire ai tuorli lo sciroppo di zucchero con una frusta, fino ad ottenere una consistenza spumosa.

Per la mousse. Tritare grossolanamente il cioccolato, fonderlo a bagnomaria e unirlo al composto di tuorli. Montare la panna lucida e incorporarla alla crema di cioccolato mescolando delicatamente con una spatola. Versare nei bicchieri e fare freddare in frigo.

Al momento di servirle, coprire le mousse di nocciole pralinate (per la ricetta adattare da qui) e tritate grossolanamente.  

Mangiare in un piccolo luogo, dotato di un grande spazio.

giovedì 18 ottobre 2012

Semifreddo di ricotta e zuppa fredda di prugne

Chissà perché mi piacciono tanto. 

Neri, di preferenza. 
Ma anche bianchi, blu avio e color champagne quest'anno. 
Di pelle, di vernice o di stoffa.
Alti, altissimi.
Almeno otto centimetri, ma decisamente meglio dodici.

I tacchi... chissà perché mi piacciono tanto.
Sono una donna, certo.
Ma non credo che questo basti a spiegare l'arcano.
Perché, una volta appagato il sentimento estetico condiviso, quei gradini sul mondo bisogna avere il coraggio di indossarli, e di affrontare sorridendo la quotidiana tortura che ne consegue.
E allora cosa?
Una neanche troppo velata forma di masochismo?
No, grazie. 
Francamente credo di aver già esaurito la mia quota parte di dolore per questa vita, e attribuirmene ancora gratis... decisamente non mi interessa.

Forse è solo questione di punti di vista.
Perché da lassù tutto è diverso.
Il mondo abbandona la sua ieratica fissità, e diventa più facile non prenderlo troppo sul serio.
Perché da lassù... tutto traballa, tranne l'unico amore che hai davvero deciso di coltivare.



250 g ricotta freschissima
100 g zucchero a velo
300 ml di panna
6 g gelatina
2 tuorli
280 g prugne mature denocciolate
20 g glucosio
25 g zucchero

Montare i tuorli con lo zucchero. Reidratare la gelatina in acqua fredda, scioglierla in poca panna riscaldata e unirla ai tuorli montati. Unire la ricotta setacciata due volte e la rimanente panna montata. Versare il composto  in stampini monoporzione o in un unico stampo grande e porre in freezer per tre ore circa a raffreddare.
Frullare le prugne. Riscaldare una piccola quantità della purea di frutta ottenuta e sciogliervi il glucosio e lo zucchero. Quando il composto si sarà freddato, unire la frutta rimasta.
Nappare il piatto con la salsa di prugne, sformarvi sopra il semifreddo e servire con foglie di menta fresca.

martedì 16 ottobre 2012

Torta tenerella

Ci penso e ci ripenso, ma non ne vengo a capo.
Eppure... doveva esserci un tempo prima.

Quando la pioggia non era una scusa per chiudere gli occhi.
Quando la musica era un rumore lontano e le virgole solo un segno di interpunzione.
Quando mi svegliavo senza cercare buongiorno.

Quando le cose avevano uno spazio che non era il racconto.
Quando i ricordi avevano un tempo che non era la condivisione.
Quando i progetti avevano una dimensione che non era accessibile. 


Doveva esserci per forza un tempo, prima di tutto questo amore.
Un tempo che è durato una vita.
Doveva esserci per forza, ma adesso... non me lo ricordo più.




Da una ricetta di Maurizio Santin:
200 g cioccolato fondente al 55%
100 g burro
100 g zucchero
60 g farina
4 uova

Sciogliere insieme burro e cioccolato facendoli arrivare a una temperatura di 50°. Unire i tuorli uno alla volta, lavorando con una frusta, poi unire la farina setacciata, mescolando bene fino ad avere un composto liscio.
Montare a neve gli albumi aggiungendo lo zucchero poco alla volta, poi unirli al cioccolato tiepido amalgamando delicatamente con una spatola.
Infornare a 180° per 15 minuti circa.
Spolverare di zucchero a velo e servire da sola o con salsa al cioccolato.

lunedì 8 ottobre 2012

Confettura di ribes nero

C'era un tempo, nella mia vita, in cui avevo granitiche certezze.
Il bianco e il nero.
Il rosso, a volte.
Ma il grigio mai.

C'era un tempo in cui il passato e il futuro erano zone franche, dove pensavo che tutto il bene possibile si fosse già realizzato o si sarebbe materializzato a breve.
C'erano luoghi da evocare e posti da immaginare.
C'era qualcuno a proteggermi le spalle, perché andare più lontano sembrasse senza paura, e qualcun altro a coprire di luce lo spazio di ogni ricordo.
C'erano presenze silenziose, e garbate, perché il mio incedere sembrasse solitario e i miei occhi ignorassero il buio.

Oggi, che vorrei dimenticare di avere un passato e avere una seppur minima cognizione dei luoghi che popoleranno il mio futuro, oggi che il mio compito più importante è proteggere le sue spalle e riempire i suoi ricordi, oggi che dubito di tutto tranne di quello che voglio, oggi... vivo nelle parole luminose del presente, e non ho altre certezze. 


800 g ribes nero
1 mela
350 g zucchero
2 cucchiai d'acqua
1 baccello di vaniglia
il succo di mezzo limone

Lavare i ribes e asciugarli bene. Versarli in una pentola a fondo spesso, aggiungere l'acqua e fare scaldare dolcemente finché le bacche si saranno aperte. Mettere i ribes in uno strofinaccio di mussola e strizzarlo bene. Versare il succo così ottenuto in pentola insieme alla vaniglia, lo zucchero, il limone, la mela e fare cuocere a fiamma vivace per una ventina di minuti. Versare la marmellata bollente nei barattoli sterilizzati e ancora caldi. Capovolgere e fare freddare al buio.

Accompagnare con una buona dose di parole luminose, ché la settimana è lunga da fare passare.

lunedì 1 ottobre 2012

Cheesecake al cioccolato e pistacchio

No, grazie. 
Lusingata, davvero, ma non mi interessa. 

È la mia risposta a chiunque mi proponga una storia/avventura/tresca/distrazione extraconiugale.
La fedeltà non è scontata, ma a volte non è un merito. 
È l'unica scelta possibile, e non richiede sacrificio.

Il matrimonio non è una cosa semplice, me ne sono accorta.
Ma il mio, questo qui, va alla grande.

Ha un progetto, anzi, ne abbiamo un paio.
Di quelli che vedranno una fine e una copertina.
Forse ce ne saranno altri, anche meno emotivamente connotati, o forse no.
Ma continueremo ad avere il nostro tempo insieme.
E il nostro tempo lontani sarà comunque un progetto. 

Una squadra di ragazze sveglie e toste, si dice così mi sembra.
La migliore delle partite, ancora da giocare.

Sono lusingata, davvero.
Ma non mi interessa: sto bene così.


Per la base di biscotti:
450 g biscotti Digestive
120 g burro
120 g cioccolato fondente

Per il ripieno:
8 uova
170 g zucchero
450 g robiola
300 g panna
100 g cioccolato fondente
8 cucchiai cacao in polvere
90 g pistacchi tritati

Fondere insieme il burro e il cioccolato a bagnomaria. Frullare i biscotti nel mixer e aggiungere il burro e il cioccolato fusi insieme. Versare il composto sul fondo di una tortiera foderata con carta da forno, aiutandosi con il dorso di un cucchiaio, e fare freddare in frigo.
Montare i tuorli con lo zucchero, aggiungere il formaggio ben lavorato, il cioccolato finemente tritato, il cacao in polvere e i pistacchi. Montare separatamente la panna e gli albumi. Unire al composto gli albumi a neve lucida e infine alleggerire con la panna.
Versare sulla base raffreddata di biscotti e infornare a 170° per un paio d'ore, o giù di lì.

Mangiare come in un vero matrimonio.
Senza dire grazie.

martedì 25 settembre 2012

Mousse al cioccolato e caffè

Un aggettivo. 
C'è sempre un aggettivo giusto.
Che sia preciso, onesto, chiacchierino.
Che racconti senza farla troppo lunga come stai.
Quello che fai.
Se ci credi ancora o se hai deciso di smetterla, ché non hai più l'età.

Capita spesso che il mio aggettivo sia così puntuale che io non abbia alcuna voglia di comunicarlo.
Che sia così incredibilmente privo di pietas da salire alle labbra come una lama sottile, e da farmi rabbrividire all'idea che voglia palesarsi.

Oggi non è spesso e il mio aggettivo è innamorata.
Corretto, certo, anche se poco circostanziato.
Senza specifiche e senza perché.
Meravigliosamente generico e festosamente sommario.
Oggi sono così.
Innamorata e basta.


170 g cioccolato fondente
6 cucchiai caffè espresso
20 g burro morbido
10 uova
6 cucchiai di zucchero

Tritare il cioccolato e farlo fondere a bagnomaria insieme al caffè. Allontanare dal fuoco e unire il burro. Fare freddare per un minuto e aggiungere i tuorli uno alla volta. Montare gli albumi con lo zucchero e unire delicatamente la meringa al composto di cioccolato e uova. Riempire i bicchieri e fare freddare in frigo per almeno un paio d'ore.

Mangiare così.
Innamorati e basta.

mercoledì 19 settembre 2012

Semifreddo al limone e caramello

Non è l'incipit la parte più difficile.  
Non lo sono le chiuse, per cui serve un talento naturale o un po' di mestiere.
E nemmeno il plot, ché di storie belle è pieno il mondo.

La cosa difficile è mettere insieme i sensi di cui siamo capaci, e fare funzionare tutto.
Scrivere, anche quando è tardi e bruciano gli occhi.
Scrivere comunque, anche se per buttare giù una pagina ci vogliono delle ore.
Scrivere sempre, perché è questo che devi fare.

Poi fermarsi, proprio quando hai scoperto che scrivere ti viene così bene, e fare un po' di ordine.
Equilibrare il gioco di vuoti e pieni.
Dare respiro con le panoramiche per poi mozzarlo con le soggettive.
Evocare senza citare.
Tracciare percorsi paralleli e divergenti, luoghi della mente e strade del mondo.

E alla fine di tutto, sottrarre. 
Quasi sempre, come nella vita, sottrarre per non sbagliare.


Per il semifreddo:
6 uova 
500 ml panna fresca
300 g zucchero
8 g gelatina
2 limoni
un bicchierino di limoncello

Per il caramello:
zucchero
qualche goccia di succo di limone

Fare reidratare la gelatina in acqua fredda. Montare i tuorli con 200 gr di zucchero. Riscaldare il succo dei limoni e sciogliervi la gelatina. Montare separatamente la panna e gli albumi con lo zucchero rimasto. Unire il succo di limone e il limoncello ai tuorli, incorporare la meringa e per ultima la panna montata. Versare in un cerchio da pasticceria con i bordi rivestiti di acetato e fare freddare in freezer.
Dopo aver fatto un caramello biondo con lo zucchero e il succo di limone, farlo cadere a gocce su un foglio di silpat. 
Usare la gocce per decorare il semifreddo.

Assaporare tranquilli, dimenticandosi delle sottrazioni. 

sabato 15 settembre 2012

Crème brulée al cioccolato

Mi piace nutrire delle incertezze, avere dei dubbi.
Qualcosa su cui lambiccarmi il cervello e perdere il sonno.
Notare tragiche distonie in quello che mi sta di fronte, o banali discromie rispetto ai miei complessi liquori mentali.

Amo alimentare le incertezze perché solo quelle concedono il lusso di temporeggiare. 
Di chiudere gli occhi e sostare, nell'attesa che succeda qualcosa, o che continui a rinnovarsi questo tempo eterno.

Il problema è non avere dubbi. 
Constatare che angoli concavi e convessi si definiscono perfettamente nella loro dichiarata reciprocità.
Che i bianchi risultano perfettamente bilanciati e i colori ben contrastati.
Che tutto va bene, eppure nulla va bene davvero.


600 ml panna fresca
una stecca di vaniglia
300 g cioccolato fondente
4 tuorli
60 g zucchero a velo
zucchero di canna per finire

Riscaldare la panna e mettervi in infusione il baccello di vaniglia. Dopo un paio d'ore riscaldare nuovamente la panna, allontanarla dal fuoco e aggiungere il cioccolato tritato.
Montare i tuorli con lo zucchero a velo, unire il composto di panna e cioccolato. Versare negli stampini da soufflé e cuocere a bagnomaria in forno riscaldato a 180°. Una volta cotti, fare riposare per almeno dodici ore.
Prima di servire, spolverare la superficie della crema con zucchero di canna e caramellare con il cannello.

Mangiare ad occhi chiusi, senza nutrire dubbi.