Chissà perché, tra le mille torte di mele che ho mangiato nella mia vita, nessuna è accompagnata da un cattivo ricordo.
L'unica che, nella storia, mi ha deluso un po', l'ho consumata in un ristorante stellatissimo, a chiusura di un cena altrimenti sublime.
L'unica che, nella storia, mi ha deluso un po', l'ho consumata in un ristorante stellatissimo, a chiusura di un cena altrimenti sublime.
Sulla carta, niente da obiettare.
Un interessante gioco di temperature.
Una crema inglese alla vaniglia generosa di grassi, per equilibrare l'aroma secco e il gusto pungente della cannella.
Una leggero sentore di croccante alle mandorle, per stimolare la salivazione.
Linee morbide nel piatto, in una presentazione che non voleva stupire, ma solo accompagnare.
Eppure, nel complesso, un dessert ordinario.Un interessante gioco di temperature.
Una crema inglese alla vaniglia generosa di grassi, per equilibrare l'aroma secco e il gusto pungente della cannella.
Una leggero sentore di croccante alle mandorle, per stimolare la salivazione.
Linee morbide nel piatto, in una presentazione che non voleva stupire, ma solo accompagnare.
Non buono né cattivo.
Solo ordinario.
Che è il modo peggiore di dire che un dolce non riesce a scaldarti l'anima.
Ci ho pensato e ripensato, a lungo, negli anni, a quella nota sottotòno a chiusura di uno spartito perfetto.
Non perché non possa esserci un passo incerto in un menu rifulgente, ci mancherebbe altro.
Piuttosto perché scomponendo il dolce nei suoi elementi e poi riassemblandolo, nella memoria, non sono riuscita ad individuare una falla, un errore tecnico, un sapore stonato.
Poi, all'improvviso, la folgorazione.
Un bug concettuale, ecco il problema.
Non era la torta a mancare di note armoniche.Ma il posto, bellissimo, in cui la mangiavo, ad essere fuori sincrono.
La tavola degna di un re.
Il personale di sala attento ad ogni sospiro.
I quattro o cinque bicchieri disordinati davanti al mio piatto.
La schiena scoperta e i tacchi alti oltre ogni ragionevole aspettativa.
Perché una torta di mele esige un tributo di spontaneità che nessuna stella del firmamento può garantire.
Un dazio di capelli fuori posto, la mattina presto.
Di briciole sul tavolo e chisenefrega.
Di occhi socchiusi, che è tutto più buono.
Questa torta non chiudeva un menu altrimenti perfetto.
Ma l'ho preparata nella mia cucina.
L'ho mangiata a piedi scalzi.
Evabenecosì.
3
mele a polpa soda
200
g farina integrale di grano tenero
200
g zucchero
110
g burro fuso
2
uova
2
limoni
16
g baking
un
pizzico di sale
cannella q.b.
cannella q.b.
Sbucciare
le mele, tagliarle a fettine sottili e irrorarle con il succo dei limoni.
Aggiungere il sale e la scorza grattugiata dei limoni. Sbattere le uova intere
con quasi tutto lo zucchero (lasciarne da parte un paio di cucchiai per la
finitura), unire il burro fuso e poi la farina setacciata col lievito. In
ultimo aggiungere all’impasto le mele e amalgamare bene.
Preparare
una teglia passando burro e farina.
Versare
il composto, spolverare la superficie con lo zucchero rimasto e la cannella in polvere, infornare a
170° fino a cottura.
1 commento:
Le torte di mele vanno mangiate a casa, niente da fare.
E questa sarà presto nella mia :)
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