Se di un solo dolce al mondo si potesse dire che è aristocratico, bisognerebbe dirlo di questo.
Sobrio come un filo di perle a teatro, la domenica pomeriggio, ed elegante come un sorriso in ufficio il mercoledì mattina.
Candido come una tovaglia di lino sulla tavola vestita a festa, quando i divani stanno per riempirsi e la casa respira dʼattesa.
Profumato della fragranza più buona, quella inspirata sul collo dei nonni da nasi bambini.
Un dolce antico che parla una lingua senza tempo.
Un idioma segreto ricamato con trine, merletti e posate dʼargento.
Una dimensione senza spazio, fatta di silenzio sulle scale e attese alla fermata del tram.
E unʼaristocrazia gentile, quella dei sentimenti.
1 l latte di mandorla
200 g zucchero
90 g amido
la scorza di un limone biologico
mandorle e pistacchi tritati per decorare
Per il latte di mandorla: spellare 250 gr di mandorle dolci e qualcuna amara gettandole per qualche secondo in acqua bollente, quindi scolarle, privarle della pellicina e pestarle finemente in un mortaio. Prelevare poco alla volta la pasta ottenuta, metterla in un panno di lino bianco, chiuderla e bagnarla spesso con poca acqua, strizzando il sacchetto per estrarne la parte oleosa. Ad esaurimento del trito, diluire la pasta in 1,2 litri dʼacqua. Unire il liquido ottenuto e la pasta rimasta a 50 gr di zucchero e mantenere in infusione per due ore, poi filtrare.
Per il biancomangiare: sciogliere lʼamido in poco latte di mandorle. In un pentolino unire il composto al latte restante insieme allo zucchero e alla scorza di limone. Scaldare mescolando. Quando la crema si sarà addensata, allontanare dal fuoco, versare negli stampini e, una volta a temperatura ambiente, trasferire in frigorifero.
Una volta freddata la crema, sformarla e decorarla con mandorle e pistacchi tostati e tritati, o con foglie di limone e fiori di gelsomino.
Una volta freddata la crema, sformarla e decorarla con mandorle e pistacchi tostati e tritati, o con foglie di limone e fiori di gelsomino.